Nei mesi scorsi si è aperto un dibattito sull’università astigiana e sul suo futuro. Ma occorre sottolineare che esistono dei nodi che riguardano l’università italiana nel suo insieme e non solo quella astigiana. Abbiamo voluto parlarne con Don Luigi Berzano, docente emerito di sociologia della religione all’università di Torino, che qualche settimana fa aveva fatto un recupero della memoria di come era nata Astiss. Le sue risposte hanno però ben in mente la situazione astigiana. A trent’anni dalla riforma dell’università, che ha introdotto il modulo 3 + 2, quali valutazioni si possono trarre? Le sfide e gli obiettivi che il Piano Nazionale di ripresa e resilienza pone al sistema paese interrogano anche le università: quale contributo possono offrire al mutamento epocale in atto? L’università è funzionale alle nuove esigenze della società? Saprà guidarne lo sviluppo? Sarà in grado di rispondere alle necessità di un mercato del lavoro? Tutto ciò vale soprattutto per quelle particolari forme universitarie che sono i decentramenti di alcuni corsi di laurea, come il caso di Asti. I problemi derivano in primo luogo dal fatto che i costi sono totalmente a carico degli enti locali.

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